La risposta non è banale come molti credono. Dipende. In particolare da 2 fattori: dalle reali esigenze del venditore e dalle caratteristiche dell’immobile.
Aspettando Godot… o meglio “l’amatore”
Il 95% per cento dei clienti/venditori ha una convinzione granitica: per ottenere il massimo si deve chiedere la cifra più alta possibile e poi, eventualmente, cedere qualcosa durante la trattativa. Se il valore della casa è intorno ai 300.000 mila euro, chiediamone almeno (almeno!) 350.000 e poi vediamo che succede. Basta scorrere gli annunci dei principali portali immobiliari per constatare che questa è la via prediletta. La stragrande maggioranza degli immobili è pubblicizzata a un prezzo che si discosta del 10/20% dal valore reale, come si può evincere dal confronto con i prezzi reali ottenuti al termine delle trattative.
Il presupposto principale di tale impostazione è la convinzione
che l’acquirente voglia per forza, si potrebbe dire “di default”, formulare una proposta al ribasso, almeno del 10-15%. Quindi se il prezzo di offerta coincidesse con quello di valutazione, si riceverebbero necessariamente offerte inferiori: chiedi 300.000, otterrai offerte tra 250.000/270.000.
La speranza
più o meno recondita che anima questi venditori è che bussi alla porta del proprio agente una figura mitologica nel mondo dell’immobiliare: quella dell’”amatore”.
L’amatore sta al mercato immobiliare come Bigfoot
sta alle foreste del nord America; o come “l’abominevole uomo delle nevi” alle alture dell’Himalaya. Pullulano aneddoti e le leggende, ogni tanto salta fuori qualche traccia, qualche video farlocco, ma nessuno lo incontra mai. Eppure il loro mito persiste. L’amatore, nei sogni del venditore, è un acquirente completamente dissennato, che visionando un alloggio assolutamente ordinario, in un condominio normale, rifinito con finiture di qualità media, “si innamora” proprio della graniglia di quel tinello, della carta da parati di quella camera da letto, delle piastrelle azzurre di quel bagno. L’amatore, secondo il venditore “romantico”, per accaparrarsi questo alloggio - del tutto simile a decine di altri immobili siti nel raggio di 500 metri - è disposto a pagare migliaia e migliaia di euro in più del valore di mercato, perché ci vede qualcosa che gli altri non vedono. L’amatore è visionario… L’amatore è generoso…
E’ evidente che un compratore così, specie nell’era di internet in cui le informazioni sono accessibili a tutti con estrema facilità, è del tutto immaginario. Eppure molti giurano che esista e lo vedono un po’ dappertutto: nel cliente gentile che, per buona educazione, durante la visita si complimenta per le condizioni dell’appartamento; lo scorgono nel racconto dell’amico che gli narra di quel compratore che, secondo una confidenza della portinaia, che lo avrebbe saputo da una parente, ha venduto proprio in zona a un cifra sideralmente più elevata di quella prospettata dal suo professionista.
Questa convinzione e questa speranza determinano un circolo vizioso: i venditori meno esperti si convincono che i valori di mercato siano quelli che vedono prevalere sui portali immobiliari; gli agenti immobiliari si scontrano quotidianamente con questi pregiudizi dei venditori, che faticano a scardinare; molti agenti scelgono così – denunciando scarsa professionalità – di “drogare le valutazioni immobiliari” per assecondare i desiderata dei venditori e ottenere più facilmente l’incarico, sperando poi in ribassi successivi.
Effetto boomerang: amatore che cerchi... speculatore che trovi
Personalmente sconsiglio sempre questa strategia, che può essere del tutto controproducente. Per questa tipologia di immobili, infatti, il processo di acquisto è prevalentemente razionale, è più è razionale l’offerta, più fruttuosa sarà la trattativa.
Se l’immobile in vendita è un appartamento di dimensioni medie, in uno stabile medio, in un quartiere densamente popolato, costituito da numerose palazzine con caratteristiche simili, la valutazione dell’immobile si può effettuare in termini molto stringenti: il prezzo di vendita si collocherà con grande precisione all’interno del range di valori determinato dall’agente immobiliare serio e competente. Se la forbice prevista è tra 280.000/300.000 euro, proporre in vendita l’appartamento a 350.000 conferisce un’immagine di poca serietà e credibilità sia al venditore sia la consulente incaricato, indebolendolo in fase di gestione della trattativa. Le visite saranno scarse. Le proposte eventualmente ricevute saranno pesantemente ribassate (“se ci prova il venditore, ci provo anch’io” penserà l’acquirente). Risultato: tempi di vendita allungati, immobile fermo in vetrina per mesi, con il rischio che si bruci, perdendo qualunque appeal
agli occhi degli acquirenti. Una strategia che servirà solo favorire vendita dei concorrenti che avranno proposto prezzi più ragionevoli, e che potranno mettere in evidenza la convenienza della propria offerta.
Al posto dell’amatore si farà viva la figura molto più concreta dello speculatore: quello che senza peli sulla lingua non esiterà a dire cosa pensa della graniglia del tinello, della carta da parati della camera e delle piastrelle azzurre dl bagno. Che non esiterà a evidenziare di essere consapevole dell’inutilità dei tentativi di vendita sin lì esperiti.
Per immobili senza specificità particolari, cioè di fatto fungibili, gonfiare il prezzo espone al rischio concreto di un effetto boomerang. Molto meglio proporre l’immobile al prezzo reale, magari collocato nella parte alta della forbice proposta dal consulente, mettendo subito in evidenza, ictu oculi, la convenienza della propria proposta rispetto ai concorrenti. Sarà cura dell’agente incaricato spiegare ai potenziali acquirenti che su tale immobile la trattativa è risicata o nulla, in quanto il valore richiesto rispecchia oggettivamente il valore di mercato. Il buon professionista ha gli argomenti tecnici e commerciali per sostenere la sua tesi. E di fronte a dati reali oggettivi, qualunque acquirente realmente interessato, non può che prendere atto della correttezza della richiesta e rinunciare a pretese ribassiste infondate.
Immobili infungibili: tutta un’altra musica
Scrivevo all’inizio di questo post che la scelta commerciale del prezzo di offerta dipende però da due fattori: le caratteristiche dell’immobile e le esigenze del venditore.
Quando l’immobile ha caratteristiche molto particolari, o addirittura uniche (panoramicità, valore storico, soluzioni architettoniche di elevato standing, geolocalizzazione privilegiata etc.) i parametri di valutazione del consulente si fanno più incerti: diminuisce il numero di immobili comparabili su cui fondare le proprie previsioni e di dati disponibili; cresce l’incidenza del fattore emozionale nel processo decisionale dell’acquirente. In questi casi il consulente deve appellarsi alla propria esperienza e alla propria sensibilità per individuare il più realistico valore di mercato. Il fattore umano diventa indispensabile e insostituibile. L’intelligenza del consulente, intesa come capacità di comprendere le potenzialità attrattive nei confronti di target specifici, diventa un fattore decisivo. In questi casi, d’accordo con il venditore, può essere prudente proporre l’immobile a un valore leggermente superiore al range ipotizzato, perché la speranza di intercettare clienti disponibili a spendere qualcosa in più per entrare in possesso di un oggetto raro ha questa volta un fondamento concreto e razionale.
In questi frangenti, se il prezzo ipotizzato rimane naturalmente in una ambito di ragionevolezza e realismo, non è insolito che si crei addirittura un’asta al rialzo tra potenziali acquirenti: il meccanismo psicologico che s’innesca è infatti simile a quello che si genera di fronte a oggetti d’arte o da collezione. Il desiderio di possedere qualcosa di unico o raro può far deragliare il processo decisionale dai canoni esclusivi della razionalità, specie se il professionista incaricato della vendita ha la capacità di valorizzare nel modo opportuno le caratteristiche più evocative dell’immobile proposto.
L'incidenza della variabile "tempo"
Se il proprietario ha l’esigenza di vendere sì a valori di mercato, ma in tempi rapidi e ragionevolmente certi, il prezzo di vendita va scelto in modo ancora diverso, applicando una strategia opposta a quelle sin qui enucleate.
Le motivazioni per cui il tempo diventa un fattore determinante possono essere molteplici: questioni fiscali, esigenze lavorative improvvise, questioni familiari etc.
In questi casi il venditore ha l’esigenza di vendere al miglior prezzo possibile in relazione al tempo che ha a disposizione.
Tornando al solito esempio dell’alloggio il cui valore è compreso tra € 280.000 e € 300.000, in questo caso il migliore prezzo di offerta potrebbe rivelarsi essere proprio € 280.000, cioè il valore basso della forbice, specificando chiaramente con i potenziali acquirenti che si tratta della cifra “minima” che si può offrire, cioè una sorta di “base d’asta”. Strada completamente sbarrata quindi a chiunque voglia imbastire trattative che abbiano ad oggetto un prezzo ribassato.
Benché il prezzo offerto sia comunque all’interno di una forbice di mercato, è probabile che in breve si crei un notevole interesse sull’immobile: i venditori di appartamenti simili, legati alla strategia di vendita ordinaria fondata su un prezzo di offerta gonfiato, saranno infatti sul mercato cifre notevolmente più alte e l’appetibilità di un’offerta a € 280.000 salterà agli occhi immediatamente. In tale condizione è probabile che più acquirenti provino a formulare offerte per accaparrarsi quella che apparirà ai loro occhi come una evidente “un’occasione”. Vincerà naturalmente chi formulerà l’offerta migliore. In questo modo non solo l’esigenza primaria di vendere in tempi ragionevoli e a prezzo di mercato sarà rispettata ma è possibile che la competizione tra potenziali acquirenti porti a un significativo miglioramento del prezzo finale ottenuto.